Mattia Brighi e Alberto Gagliardo
Anatomia di una strage
Cesena, 8 maggio 1945
Saggi
pp. 240 | 145 x 210 cm | € 28,00
ISBN 978-88-31365-68-0
Un’accurata indagine su un episodio di violenza postbellica e sull’uso pubblico della sua memoria.
«Che cosa significa il nostro ordine del giorno? Significa che il Gran Consiglio, organo supremo del Fascismo, delibera decaduto il regime di dittatura, perché esso ha compromesso i vitali interessi della Nazione, ha portato l’Italia sull’orlo della sconfitta militare, parlato e corroso nel tronco la rivoluzione e fascismo medesimo».
Dino Grandi, Ordine del giorno e relazione illustrativa, 24 luglio 1943
Mattia Brighi, Cesena (FC) 1985, lavora presso il Settore Governo del Territorio del Comune di Cesena. Ricercatore storico indipendente, dal 2014 collabora con l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Forlì-Cesena, del cui comitato scientifico è membro. I suoi campi di interesse sono l’antifascismo, la Resistenza, il paesaggio agricolo, e su questi temi ha pubblicato diversi articoli in volumi collettanei, riviste e periodici. Ha dato alle stampe, nel 2015, Memorie di una comunità. Bagnile 1900-1945 (con Mara Valdinosi), e, nel 2017, Ernesto Barbieri e Oddino Montanari. Due vite per un ideale: Antifascismo internazionale e Resistenza in Romagna.
Alberto Gagliardo, Lanciano (CH) 1962, ha insegnato lettere nei licei scientifici. Dopo circa dieci anni in provincia di Varese, dal 1998 vive a Cesena e dal 2016 è distaccato presso gli Istituti di storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Forlì-Cesena e di Rimini. Oltre che curatore di diversi libri, è autore di studi e articoli di letteratura, cinema, storia, pubblicati su riviste e/o in volume. Le sue due ultime monografie sono: Storia sociale di Rita Pavone. Biografia del Paese che siamo stati e che siamo diventati (Roma, 2020) e A cercare un posto nel mondo. Vite di sopravvissuti ebrei in transito. Tradate 1945-1948 (Milano-Udine).
Nella notte dell’8 maggio 1945, a Cesena, liberata sei mesi prima, diciassette ex fascisti reduci dal Nord vennero uccisi nella cella dove erano rinchiusi, da un gruppo di individui armati. L’eccidio era stato preceduto, nel pomeriggio di quello stesso 8 maggio, da un altro drammatico fatto di sangue: l’omicidio, alla presenza di una nutrita folla, di una giovane accusata di essere una spia fascista: Iolanda Gridelli.
La prima parte del testo ricostruisce nel dettaglio, attingendo a una documentazione varia e per gran parte inedita, quelle vicende, rievoca il contesto storico in cui avvennero e approfondisce le biografie di tutti gli attori coinvolti.
La seconda parte, invece, ripercorre le strade con cui la memoria di quell’8 maggio è stata trasmessa e si è sedimentata, producendo distorsioni che si sono depositate nel discorso pubblico, a volte anche con espliciti esiti revisionisti.
La ricerca si solleva così dal ristretto ambito locale in cui si è svolta, per farsi specchio di quella sostituzione del discorso antifascista con uno anti-antifascista che da tempo si va producendo nel tessuto culturale del Paese, attraverso una critica superficiale alle violenze dell’immediato dopoguerra, mirata all’inquinamento della memoria dell’intera Resistenza.