William Caferro

Giovanni Acuto
Un mercenario inglese nell’Italia del Trecento

Traduzione e cura di Leardo Mascanzoni

Giovanni Acuto. Un mercenario inglese nell’Italia del Trecento Traduzione e cura di Leardo Mascanzoni

Saggi
pp. 516 | 14,5 x 21 cm | € 32,00
ISBN 978-88-31365-06-2

Le imprese del più famoso capitano di ventura del quattordicesimo secolo attraverso un’accurata e appassionante ricostruzione storica, ricca di nuove acquisizioni documentarie.

Caferro utilizza Hawkwood come fulcro per un’opera di ricerca poderosa e ben realizzata sui mercenari e l’impatto della guerra sull’economia e la società italiane del quattordicesimo secolo.

Samuel K. Cohn, «Journal of British Studies»

William Caferro è professore di Storia e di Classics and Mediterranean Studies alla Gertrude Conaway Vanderbilt University di Nashville nel Tennesse (USA). Il suo libro più recente è Petrarch’s War: Florence and the Black Death in Context.

Leardo Mascanzoni insegna Storia Medievale e Storia dell’Emilia-Romagna nel Medioevo all’Università di Bologna. Collabora con le principali riviste storiografiche nazionali.

Nato in Inghilterra verso il 1320, John Hawkwood – noto in Italia come Giovanni Acuto – combatté per Pisa, Milano, il papa, Padova e infine Firenze, che gli tributò quella venerazione e quegli onori poi trasformatisi in mito nei secoli successivi. Ma come dimostra il volume, tale fama non fu che un’amplificazione propagandistica concepita in chiave patriottica dalla storiografia umanistica fiorentina e mai più rimessa in discussione nel corso dei secoli.
Fu capace, invece, di particolari cinismo e ferocia. E superò tutti i suoi colleghi nell’abilità a procurarsi denaro e ricchezze con ogni mezzo. La sua astuzia lo rese uno degli uomini più ricchi del tempo.
La dimensione economica ebbe un ruolo di primissimo piano nella storia del mercenariato trecentesco e nel rapporto che esso intrattenne con le città-stato italiane, le cui risorse vennero progressivamente impoverite dalle guerre molto più di quanto non si sia percepito fino ad oggi.

Il libro ha conseguito nel 2008 l’Otto Gründler Book Prize.